Ivan Minio fotografie. Venezia


Mentre percorro in vaporetto il canal grande, facendolo spesso quasi non mi rendo conto, del dondolio del mezzo sulle onde. È una cosa normale per i veneziani essere dondolati, coccolati dalle acque della propria città e non ne hanno più consapevolezza. Eppure questo essere come in un grembo lascia qualcosa dentro di noi, rilassa e non ce ne rendiamo conto. In questo rilassamento la gente guarda il paesaggio che le scorre accanto e non riesce vedere quello che l'occhio allenato di un fotografo vede.
Di vivere in un mondo diverso, in mezzo ad un microuniverso sospeso tra cielo e acqua, un equilibrio fragile che invece sembra non avere fine, guardando i palazzi che ci circondano testimoni di tempi e di epoche straordinarie e lontane. Molte volte avrei voluto non essere nato a Venezia, poterci arrivare un giorno e stupirmi, vederla con gli occhi di un bimbo, invece la città in cui nasci e cresci ti abitua ad essa, ti avvolge nella sua naturalezza. Una cosa per me affascinante sono anche i cieli, mutanti ogni giorno, dorati all'alba, rosati e viola al tramonto, di ghiaccio d'inverno, azzurro tenue d'estate, bluastri nella tempesta, qui li vedi estendersi, allargarsi a perdita d'occhio, fondersi riflessi sull'acqua, eppure anche questo è così naturale da non destare stupore. Ci siamo abituati a vivere troppo bene in mezzo a tutto ciò da non rendercene conto. Certo ci sono anche molti disagi, vivere in questa città non è facile: folle di turisti, servizi poco agevoli, prezzi molto alti, ma si sa esiste sempre anche il rovescio della medaglia da non sottovalutare. Mi siedo e un'anziana signora si siede sulla medesima panchina e mi racconta la storia del suo cane. Non avevo chiesto nulla, eppure mi ha raccontato un pezzetto della sua vita.
Venezia è anche così, fatta di gente umana, che ti guarda negli occhi e parla con te.

 
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